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Biciclette con carichi ingombranti
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L’argomento principe di mezz’estate è stato sicuramente il giro di vite sui ciclisti da parte della Polizia stradale e municipale, con l’intenzione di far rispettare alla lettera le norme del Codice della strada: a Pesaro, quindi, multe alle biciclette contromano o sui marciapiedi, o con carichi ingombranti sul manubrio, oppure prive di luci e di campanello. A Fano, pare che per il momento la questione riguardi principalmente il divieto di transito sul Corso Matteotti.
Com’era prevedibile, questa inconsueta severità ha provocato un diluvio di reazioni: per la maggior parte negative, ma anche positive. In effetti la questione si presta a una duplice lettura. I ciclisti indisciplinati rivendicano una lunghissima tradizione di libertà di movimento: da quella, romantica, dei nostri padri con fidanzata sulla canna, alla possibilità di tragitti lineari, senza i giri dell’oca tra i sensi vietati cui sono obbligati gli altri mezzi di locomozione. Invece i legalitari duri e puri si schierano per il rispetto – comunque – della legge e per la sicurezza dei pedoni, specialmente per quanto riguarda i marciapiedi.
Fermo restando che tutte le leggi vanno rispettate, forse si potrebbe pensare di cambiare qualche norma del Codice della strada, oppure di applicarle solo in casi estremi. A mio parere la bicicletta non dovrebbe essere considerata un veicolo, ma una specie di attrezzo, quasi un’estensione del corpo: come, ad esempio, una carriola o un monopattino: anche perché un ciclista medio in città viaggia normalmente a 10 (i più spericolati a 15) chilometri all’ora, quindi il rischio di impatti pericolosi è estremamente limitato. Se procede contromano, lo fa quasi esclusivamente a suo rischio e pericolo; come lo fa a suo rischio e pericolo un pedone che attraversa fuori dalle strisce pedonali e che nessuno si sogna di multare, salvo che provochi un incidente.
Pubblichiamo alcuni commenti pervenuti dai nostri lettori. Continueremo il dibattito nel prossimo numero se altri vorranno ancora intervenire su questo tema.
A.A.
Per chi suona il campanello
Parlando recentemente con alcuni vigili di Pesaro, ho scoperto che il mio articolo pubblicato su “Lo specchio della città” nel novembre 2003 (con successive repliche di altri lettori) contro il ciclismo “selvaggio”, all’epoca aveva suscitato un notevole interesse e aveva ispirato un senso di sollievo tra coloro che tutelavano la sicurezza pubblica. La questione “ciclicamente” si ripresenta, dato che il cittadino medio pesarese si ostina a percorrere i marciapiedi e le zone vietate con cicli e motocicli in entrambi i sensi di marcia, incalzando i pedoni di ogni età, pronto nei casi più gravi a ricorrere al campanello, al clacson e all’insulto, qualora non si faccia strada nel minor tempo possibile. I cittadini delle altre città rimangono increduli e costernati di fronte allo strapotere di questi “pirati”, privi di qualsiasi remora. Inoltre, per il ciclista pesarese non esiste un senso vietato: ogni senso, in qualunque quartiere della città, è lecito. Questo comportamento, che “un senso non ce l’ha”, è stato recentemente punito dai vigili con sanzioni di 38 euro, in base a quanto recita il Codice della Strada. Confesso di non essere io stessa una ciclista impeccabile, ma ritengo che vada corretta la prepotenza di chi, viaggiando sulle due ruote, rappresenta un pericolo per la pubblica incolumità, nella certezza, finalmente rivelatasi infondata, di essere impunito. Buona passeggiata, sia in bicicletta che, d’ora in poi, a piedi!
Simona Vezzuto
Lasciateci il centro storico
Quello che sta accadendo in questi giorni a Pesaro è davvero singolare, perché si sta cercando di “rubare” ai pesaresi la bicicletta, nel senso del suo impiego per le vie della città, privandoli di abitudini oramai consolidate da sempre: quelle abitudini che permettevano loro di potersi trasferire da un luogo ad un altro senza limitazioni di sorta. Non sono d’accordo con chi sostiene che un ciclista è come “un pedone che va un po’ più forte” e proprio per questo ritengo che l’impiego della bicicletta in città debba essere in qualche modo disciplinato. Il Codice della Strada prevede limitazioni ed obblighi per chi guida una bicicletta (ma finalmente è stato revocato quell’articolo del Codice che prevedeva la sottrazione di punti dalla patente per infrazioni commesse in bicicletta), e tali norme debbono essere rispettate. Percorrere i marciapiedi, attraversare con semaforo rosso, attraversare le strade sulle strisce pedonali, farsi trainare dai cani, sono infrazioni che oltre a mettere a repentaglio la sicurezza dei ciclisti stessi, mettono a repentaglio anche la sicurezza degli altri utenti della strada. Così come percorrere le strade in senso vietato.
Ritengo tuttavia che la nostra amministrazione Comunale dovrebbe prendere le necessarie misure affinché ai ciclisti vengano offerte tutte quelle possibilità di percorrenza che siano in grado di “restituire” loro l’impiego della bicicletta in città. Per fare un esempio, via Cavour ha già come alternativa via Mastrogiorgio, via Rossi ha via Mancini; ma il Corso XI Settembre, dalla Pescheria alla Camera di Commercio, non ha alcuna alternativa per arrivare in Piazza del Popolo a meno che non si faccia uno strano “giro dell’oca”, o percorrendo altre vie del centro o altre del mare. Per questo chiedo al Comune un gesto che è solo di buon senso: quello cioè di liberalizzare l’impiego della bicicletta in tutto il centro storico, in qualsiasi senso di marcia. Vorrei che il centro storico, tutto, fosse restituito a quei “pericolosi veicoli” che sono le biciclette.
Bruno Consani
Quanti incidenti provocano i ciclisti?
Agli inizi del millenovecento qualcuno disse: “Hai voluto la bicicletta, adesso pedala!” Fu così che l’uomo, nella sua lenta evoluzione, passò dallo stato di pedone a quello di ciclista. Sono convinto che i pesaresi, in Italia, siano stati fra i primi a vedere sfrecciare i velocipedi a tre ruote (le biciclette all’origine erano in realtà tricicli con un’altissima ruota anteriore). Questi “mostri meccanici” hanno rivoluzionato positivamente la nostra vita. Nella nostra città, se chiedi notizie sullo stato di salute di un amico anziano, ti puoi sentire rispondere: “Sta benissimo, ancora va in bicicletta!”.
Nel quasi “referendum” cittadino su: “volete che i ciclisti vengano tollerati ovunque?” oppure “volete che i ciclisti vengano sanzionati anche per piccole infrazioni?”, rispondo sì al primo quesito. Spero che le libere opinioni, espresse durante la calura di agosto, non vengano etichettate politicamente. Le biciclette non hanno ideologia! Sono uno strumento che può essere usato bene o male. Il punto è proprio questo: i ciclisti pesaresi si comportano bene nel centro storico? Ricordano i dettami del codice stradale, o ancor meglio, della sola educazione stradale? Sembrerebbe che non tutti li ricordino. Allora occorre tornare ai sani principi: 1) il pedone è sacro per tutti (soprattutto per motociclisti ed automobilisti); 2) il pedone, nell’isola pedonale, è il padrone di casa; 3) Il ciclista, nel centro storico, deve mantenere un’andatura prudente, tale da non costituire il minimo pericolo; 4) il ciclista deve suonare il campanello solo in caso di estrema necessità ed urgenza.
Una domanda sorge comunque spontanea: in centro, quanti sono gli incidenti stradali che coinvolgono pedoni e ciclisti nell’arco di un anno? Questo è un dato da cui non si può prescindere per una corretta analisi del problema. Mi sembra esagerato parlare di operazione “centro sicuro”. Con queste parole la categoria dei ciclisti sembra essere stata equiparata a quella dei criminali! Mi muovo a cavallo delle due ruote da una vita e, qualche volta, infrango il codice della strada. Confesso che, solo nel centro storico, mi capita di andare contro mano ma facendo sempre estrema attenzione. Se incontro un veicolo che giunge nel regolare senso di marcia, mi fermo immediatamente sul ciglio della strada. A questo proposito, per le spesso affollate Via Branca e Via Rossini, è bene fare una considerazione. Se tutti i ciclisti conducessero la propria bicicletta a mano, poiché il loro ingombro raddoppierebbe, potrebbero “rompere gli stinchi” (con il pedale!) a qualcuno con maggiore probabilità. Anche se la nostra Pesaro non è mai stata, in assoluto, la “città delle bici” (il titolo spetta sicuramente a Ferrara) ha però una grande tradizione in questo campo. Fra l’altro, ha dato i natali al mitico “Iop, iop, drin, drin”; chissà lui quale opinione avrebbe espresso…
Stefano Giampaoli
Anch'io ho peccato
La legge va rispettata, d'accordo. Però sappiamo che sono le auto a inquinare e rendere pericolosa la città e non le bici; sappiamo che sono sempre le auto a occupare, spesso illegalmente, gran parte dei suoi spazi e a renderla più brutta e non le bici; e soprattutto quando si lamenta la cronica carenza delle forze di polizia municipale, impegnare queste in una crociata contro le biciclette, fa perdere il senso della misura e dell'utilità pubblica.
E’ facile annunciare la grande operazione di polizia: multate 84 biciclette di cui 32 senza campanello, 28 sul marciapiede e il resto per reati vari. Bravi! Più difficile è liberare la città dalla sosta selvaggia, dai "telefonisti-automobilisti", o far rispettare i limiti dell'inquinamento chimico e acustico. Per questo manca il personale!
Coloro che vengono da altre città, soprattutto metropoli, restano affascinati da Pesaro, città a misura d'uomo. Questa caratteristica è data in buona misura dalla possibilità di girare la città in bicicletta, cosa che i pesaresi, spesso sorretti da una buona dose di coraggio, fanno ovunque; ma talora a loro rischio e pericolo. Proponiamo pertanto che, liberando le strade dalle auto in divieto di sosta, tutto il centro storico sia reso agibile alle bici. Vanno inoltre predisposti parcheggi coperti per le bici in centro e nelle stazioni dei servizi di trasporto pubblico. Le piste ciclabili periferiche vanno ampliate e connesse in rete.
Inviterei i commercianti che ritengono più importante il parcheggio rispetto alla pista, a modificare la loro visione post-bellica del ciclista come utente della strada povero, rispetto all'automobilista ricco. In realtà sempre più chi usa la bici è persona colta, benestante e dotata di senso pratico a differenza di tanti giovani automobilisti, tutti auto e sgassate, ma con pochi soldi in tasca; e, quelle volte che ne hanno, vanno all'ipermercato dato che (credono loro!) la roba costa meno. Gran parte di coloro che mantengono vivo il piccolo commercio usa la bici...
Ebbene sì, anche io ho usato bici senza campanello, sono passato sul marciapiede e andato contromano per il Corso, ma non ho mai fatto male a nessuno. Mi è capitato, invece, di essere investito da un'auto che non aveva rispettato la mia precedenza.
Claudio Mari
Le bici vanno piano
Biciclette sì, biciclette no. Questa campagna di multe operata dalle Forze dell’ordine fa sembrare che l’unico pericolo da reprimere siano le biciclette. Così operando si guarda la pagliuzza e non la trave. Che fra i ciclisti, specie giovani, ci siano degli “scavezzacollo” è più che certo, e a questi che bisogna cercare di far capire che ci sono anche gli altri. Tuttavia reprimere con le multe non educa nessuno.
Pesaro ha un’antica tradizione per la bicicletta, ed ora si sta modernizzando con la bici elettrica: questa aiuta il cittadino, specie anziano, a muoversi più facilmente sulle strade del centro storico. Normalmente tutti osservano le leggi e le regole e se capita che qualcuno transita in senso vietato è difficile che metta in pericolo l’altrui vita perché questi mezzi si muovono con un massimo di velocità, compresa la bici elettrica, di circa 20 Km/h. Meglio, a parer mio, invitarli a rispettare il senso di marcia.
Come ex dirigente del traffico del Comune di Pesaro (1951-1994) ho sempre proposto di dare largo spazio alle biciclette; il più delle volte nelle Ordinanze sindacali dei sensi unici c’era la scritta “eccetto bici”. Attualmente si stanno costruendo diverse piste ciclabili (non sufficienti ancora e un po’ in ritardo), ma dove ci sono sarebbe bene obbligare le bici sulle piste e vietare i motorini a percorrerle perché la loro eccessiva velocità mette in serio pericolo i veri utenti (bici e alle volte i pedoni). In questo caso sarebbe bene multarli con “tolleranza zero”. A mio parere, nella scala dei pericoli esistenti sulla strada, il pedone e la bici sono quelli che subiscono di più dai motorini, dalle moto e dalle auto.
Perciò meno multe e più parole di persuasione.
Elio Colonesi