E' stato ricordato in ottobre il 20° anniversario della scomparsa del tenore Mario Del Monaco (Venezia, 16 ottobre 1982). Nella convinzione che, a celebrare la sua figura d'artista, basti solo pronunciarne il nome, mi limito a rievocare alcuni avvenimenti, legati agli anni da lui trascorsi a Pesaro, per farlo rivivere nel ricordo dei suoi concittadini: ma solo di quelli, poco attenti alle vicende teatro lirico, che sanno appena che nella nostra città c'è una via intitolata al suo nome e, nel cimitero centrale, il suo monumento funebre, opera di Giò Pomodoro.
Ciò premesso, incomincio a scorrere le cronache giornalistiche per leggere, sul Corriere Adriatico del 12 agosto 1930, che domenica 15, in uno spettacolo organizzato dall'ONB al Teatro "Gigli" di Mondolfo, il quindicenne Mario Del Monaco (era nato a Firenze il 27 luglio 1915) avrebbe cantato l'idillio Narciso di Massenet. Ma, allora, il futuro tenore era dedito alle arti figurative - si diplomava, infatti, alla locale Scuola d'Arte - e solo nel 1934, preso dalla passione del canto, s'iscriveva al Liceo Rossini dove era affidato alle cure dell'indimenticabile Arturo Melocchi. Nel 1936, vincitore di un concorso, Del Monaco si trasferiva a Roma, per studiare con un maestro della capitale, con il risultato di mettere a repentaglio quella che è stata senza dubbio una delle doti principali della sua vocalità: la forza e l'irruenza del canto. Ciononostante, la sera del 19 dicembre 1936 al "Pedrotti" egli prendeva parte, insieme al soprano Fedora Solveni, al pianista Alessandro Peroni e all'orchestra del Liceo diretta da Zanella, alla commemorazione del compositore pesarese Arnaldo Carloni (1880- 1935).
Qualche anno dopo, Del Monaco si esibiva al Nuovo Fiore in un concerto - dove, fra l'altro, cantava, ricevendo un'accoglienza burrascosa, l'Improvviso da l'Andrea Chénier - mentre l'inizio ufficiale della sua carriera avveniva nell'estate del 1939 all'Arena al Lido con Cavalleria rusticana (Turiddu): e anche qui, come ricordano i vecchi pesaresi, l'esito non fu eccezionale. Nemo propheta…
Arriviamo così al 10 luglio 1943, per leggere su "L'Ora", organo del PNF pesarese, una recensione sulle rappresentazioni di Madama Butterfly allestite dall'impresa Mabe all'Arena al Lido: "Se a questa breve stagione lirica nei due teatri non avesse partecipato il giovane concittadino Mario Del Monaco – scriveva Parvus (alias Marcello Cocco) – credo non varrebbe la pena parlarne, tanto ci è sembrato "arrangiato" e miserello lo spettacolo che a causa della pioggia per tre sere è stato portato al magnifico Teatro Rossini. Ma poiché nei riguardi del simpatico tenore si è fatto un gran parlare, si è detto troppo bene e troppo male, si sono stampati giudizi piú o meno "azzeccati", desideriamo occuparcene con un poco di "serenità" e con la speranza di trovare il giusto tono". Dopo una tiratina d'orecchi all'impresa, unica responsabile del mediocre allestimento, Parvus cosí proseguiva: "Del Monaco meritava di cantare a Pesaro in una edizione migliore; meritava perché ha belle qualità, perché giovanissimo, perché pesarese o quasi. La sua voce è gradevolissima, sempre tonda, sempre limpida, quindi piace; il suo temperamento artistico, non ancora del tutto delineato, ha già segni notevoli di maturità, quindi interessa. E, per finire, canta con intelligenza, e in arte, vivaddio, è quel che conta di piú".
Lo stesso giorno in cui i pesaresi leggevano queste righe, gli alleati sbarcavano in Sicilia e, da allora, c'era altro di cui preoccuparsi. Solo nel primo dopoguerra si sarebbe tornato a parlare di opere al Teatro Rossini, ma Del Monaco era ormai approdato alle ribalte dei grandi teatri del mondo (risale al 1946, il suo debutto al Covent Garden di Londra) e a Pesaro si fermava solo di passaggio, per salutare gli amici del tempo in cui, ragazzino, correva dietro a un pallone in Piazzale Carducci, e cantare per loro alcune romanze, accompagnato dal maestro Melocchi.
Bisogna arrivare all'estate 1955 per apprendere che egli avrebbe cantato a Pesaro, in Piazza del Popolo, nell'opera a cui è maggiormente legata la sua fama: Otello di Verdi. Si può facilmente immaginare la febbrile attesa dei melomani di Pesaro e province limitrofe, com'è altrettanto facile condividere la loro cocente delusione quando appresero, solo due ore prima dell'inizio dello spettacolo previsto per sabato 30 luglio, che Del Monaco era sì venuto a Pesaro, ma unicamente per fare esaminare le sue preziosissime corde vocali dal dott. Pagnini, l'otorinolaringoiatria dell'Ospedale San Salvatore. Al termine della visita, si aveva, purtroppo, la conferma che Del Monaco, a causa di una infiammazione procuratagli da un malaugurato effetto fumogeno voluto dal regista dell'Arena di Verona dove, qualche tempo prima, aveva interpretato l'Otello, quella sera non poteva cantare. La responsabilità della spiacevole vicenda ricadeva principalmente sugli organizzatori, i quali, nonostante Del Monaco li avesse tempestivamente informati di non essere in grado di cantare la sera del 30 luglio, l'avevano indotto a venire a Pesaro, con la promessa di un rinvio al 2 agosto, per metterlo poi di fronte alla sgradevole sorpresa di dover andare in scena alla data prefissata.
Sta di fatto che, lo stesso fatale 30 luglio, dopo la visita del dott. Pagnini, Mario Del Monaco lasciava Pesaro a bordo di una grossa auto americana. Assisteva alla partenza, in mezzo alla folla dei curiosi, il cronista del Resto del Carlino del 14 agosto, che, a commento di tutta la vicenda, annotava: "Una donnina tutte rughe e con gli occhi acquosi brillanti ci guardò in viso sorridendo: - A vleva sentì una canteda. - E se ne andò."
Gilberto Calcagnini