E' di certo un sollievo vedere che, almeno sulle pagine dello Specchio, qualcuno ha trovato il modo per esprimere la sua indignazione per l'infelice idea di organizzare solenni manifestazioni in onore di Ippolito Aldobrandini: il fanese che il 30 gennaio 1592 diventò papa col nome di Clemente VIII e che, in 13 anni di pontificato, mandò al rogo 21 persone (vedi articolo di Gabriele Gerboni, Clemente VIII e Giordano Bruno – “Lo Specchio” di febbraio). Io non ho compiuto studi approfonditi su Giordano Bruno, non m'intendo granché né di neoaristotelismo né di idee di neoplatonismo, non sta quindi a me dire fino a che punto le idee di Giordano Bruno fossero conciliabili con la dottrina cattolica sul “Dio Uno e Trino” e sulla doppia natura di Gesù di Nazareth. So però che il Decalogo è sempre quello, so che uno dei Comandamenti dice: “Non uccidere”, so che nel Vangelo Cristo proibisce categoricamente il ricorso a qualsiasi forma di violenza non solo fisica, ma anche verbale (vedi, ad esempio, Matteo 5,21). E allora mi domando: è stato più eretico Giordano Bruno o sono stati più eretici coloro che, come Clemente VIII, hanno creduto di poter usare il Vangelo per legittimare torture e omicidi? C'è più “relativismo” in chi, in nome della laicità dello Stato, ribadisce il diritto-dovere di non concedere privilegi di sorta a cattolici, protestanti, ebrei, musulmani; o in chi, per il fatto di essere un pezzo grosso della Chiesa, crede di poter cambiare a proprio piacimento non solo le leggi civili ma anche quelle divine? Chi contribuisce di più a estirpare le “radici cristiane” dell'Italia e dell'Europa: quei politici che si oppongono al forzato inserimento del Nome di Dio nelle costituzioni e negli statuti, oppure quegli ecclesiastici che, col loro bel corollario di “laici devoti”, non solo non chiedono scusa per gli orrendi crimini perpetrati da papi come l'Aldobrandini, ma non esitano a sperperare denaro pubblico per sponsorizzare coloro che intendono rivalutare la figura e l'opera?
Rita Ferri
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